FAQ: come agisce l’omeopatia

vivere secondo natura è giustoUn rimedio omeopatico deve essere scelto per quel particolare momento per quella particolare persona, non può essere standartizzato.
Ogni caso va studiato a sé, l’uomo e la sua personalità sono il centro dell’attenzione, i sintomi servono a comunicare un disagio, non si agisce sul “male” ma sulla capacità della persona di ripristinare da sé il benessere.
Di qui ne deriva che chi non è fermamente addentro alla tecnica del “simile” non è in grado di trovare il rimedio giusto.
Una qualsiasi ditta non può produrre e vendere in modo sistematico dei rimedi, guadagnando su brevetti e su vendite di massa, perché i prodotti, pur essendo in parte producibili su vasta scala, dovrebbero in realtà essere costruiti ad hoc (come si faceva un tempo).
Inoltre, trovato il simile, chiunque da solo, avendo conoscenza e mezzi, può creare da sé, o con l’aiuto di qualcuno che gli è vicino, il rimedio, senza doversi necessariamente rivolgere a strutture esterne.
Tutto ciò porta l’individuo ad avere coscienza del suo potenziale, della sua dignità personale e sovranità nelle decisioni di come vivere un’esperienza traumatica e dolorosa.
Quindi i rimedi di tal genere sono utili a chi vuole agire in modo autonomo, associando uno stile di vita, di pensiero e di pratiche quotidiane, consone alla realtà della situazione.
Chi invece desidera “nascondere il dolore” senza capirne il messaggio, non può trarre giovamento da questi rimedi, in quanto persisterebbe ostinatamente nello stile di vita che l’ha condotto alla sofferenza.
Lo stesso può dirsi per chi ha una vitalità corporea troppo debole, in quanto potrebbe non avere le risorse per farcela da sé e in tal caso, come nel precedente, è indispensabile un rimedio allopatico (cioè non “simile” bensì opposto alla somatizzazione).
Il concetto di funzionamento dei prodotti omeopatici è lo stesso di quello della vaccinazione: si fornisce in “piccolo” un’anomalia simile a quella riscontrata nella persona in quel momento con quelle caratteristiche, per poter stimolare una risposta di fronte a degli eventi incontrollati e di maggiore danno.
Se i tempi e i mezzi non sono adeguati, il rimedio non funziona. Dato che occorre mettere insieme: ceppo (simile), diluizione esatta, quantità e orari di somministrazione (e stiamo solo parlando di rimedi unicisti, cioè basati su un unico prodotto, poi ci sono anche i rimedi composti, ancora più complicati), è ovvio che il sofferente dovrebbe essere seguito passo passo da chi gli fornisce assistenza, e questo per una sanità di numeri enormi, non è praticabile a livello di massa (esattamente come vi è differenza tra un lavoro psicologico basato su incontri settimanali personali per un lungo periodo di tempo e uno psicofarmaco che agisce subito sui recettori nervosi).
Per quanto riguarda la materia medica, vi sono “enciclopedie omeopatiche” scritte da professionisti medici di paesi e di carriere mediche “non sospette”, perciò, se vogliamo conoscere l’omeopatia, evitiamo di fermarci alla trasmissione di “settore” (a favore o contro una certa metodologia) e, se veramente vogliamo imparare, dedichiamoci studio e ricerca approfonditi.
Concludendo, l’omeopatia è una pratica che può dare ottimi risultati se i suddetti requisiti sono rispettati, è pessima, inutile o controproducente, se i meccanismi sono utilizzati non appropriatamente (e in questo campo è molto facile errare); non è generalizzabile, ha dei forti limiti (deve essere consociata ad altre pratiche di vita salutare), non è quindi la panacea di tutti i mali, ma può essere una modalità intelligente di “accettare la forza di un male, per portarla a proprio vantaggio, anziché contrastarla con una forza opposta”.
Oltre all’omeopatia classica, su concetti simili si basa anche l’Omotossicologia (da non confondersi con la prima, pur essendone affine).

 

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