L’importanza del contatto stretto per la crescita personale

Tenere le distanze e vivere separati, senza poter “sentire” costantemente il contatto fisico con tante altre persone, spesso sconosciute, che si incrociavano quotidianamente su autobus, treni, metropolitane, nei corridoi affollati delle scuole, nelle discoteche, negli stadi è una mancanza che potrebbe non essere così avvertita da chi ha sempre vissuto distrattamente questi eventi, o da chi se ne è spesso protetto, chiudendosi in una “bolla” anche quando era in mezzo alla folla.

Vorrei però sottolineare quanto chi è “esperto” di contatto, sia abile, anche inconsciamente, a percepire se stesso fra gli altri, per adeguarvisi con armonia e semplicità.

Per uno studioso “Aldilà dei margini” come sono io, poter frequentare il bordo tatami durante le gare internazionali di Brazilian Jiu-jitsu è sempre stato un ottimo momento di aggiornamento e allenamento per quanto riguarda la comprensione delle dinamiche umane.

Il bordo tatami di queste gare è affollato da centinaia di addetti ai mestieri: atleti, allenatori, supporter, in genere tutti attualmente praticanti o che hanno praticato Jiu-jitsu brasiliano (che si estrinseca soprattutto nella lotta a terra, avvinghiato strettamente all’avversario, potenziando al massimo il senso del tatto per capirne ed anticiparne i movimenti).

Quando si scorre all’interno di questa massa umana, rispetto a quando ci si infila in altri tipi di folle, accade un qualcosa di strano e meraviglioso: non appena ci si sente, sfiorandosi reciprocamente, ci si sposta leggermente, seguendo il movimento reciproco, come se fossimo ingranaggi perfettamente oliati di un misterioso macchinario, sono cambi di posizione oserei dire “millimetrici”, è uno sfiorare e spostarsi, senza pensarci (a meno che, come nel mio caso, si esegua con attenzione uno studio al riguardo). Tutte queste persone sono abituate a muoversi in base al tatto, alla percezione tattile di chi li preme, e sono abituati a cedere a questa pressione, per evitare di contrastare forza con forza, agevolando l’azione dell’avversario.

Questa peculiarità è acquisita come valore aggiunto delle tante e tante ore di allenamento settimanale al combattimento a terra, ma è anche uno stile di vita, quello dello spirito “Zen” del sapersi adattare ad un ambiente fluido e dinamico, esattamente simile all’attuale società.

Per questo, dicendolo con il pensiero di Gichin Funakoshi (fondatore del Karate moderno) o degli atleti di BJJ, la lotta a terra è fondamentale, sia come ausilio a qualunque altra forma di combattimento, ma anche e ancor di più a tutti, perché è una palestra per imparare a vivere e sopravvivere nell’armonia.

Grande è dunque la privazione che si subisce avendo il divieto di praticare sport da contatto a causa delle restrizioni dell’attuale emergenza sanitaria, viceversa, così come insegnato nei corsi di psico-motricità per i bambini dai 3 ai 6 anni, tutti, fin da piccoli, ma poi senza limiti di età, dovrebbero dedicare delle ore al contatto, al “rotolamento” avvinghiati con altri individui. Questo è l’esatto opposto delle purtroppo necessarie prescrizioni attuali, ma dovrà essere preso in considerazione al più presto per evitare di allevare le persone nella bambagia.

[estratto dell’articolo “La beata comodità della DAD“: Una delle torture peggiori che si applicano a delle vittime dalle quali si vuole non solo ottenere una confessione, ma soprattutto una sadica sofferenza veramente sconvolgente, che porta alla pazzia, non si basa sul dolore ma sull’assenza di sensazione.

Che angoscia ci farebbe un torturatore che, mentre siamo nudi e immobilizzati, ci minaccia di accecarci con un ferro rovente, di mutilarci orribilmente con delle lame affilate, di annegarci o soffocarci e quant’altro, ma nei nostri 8 sensi (sì perché a parte i cinque canonici ce ne sono anche altri 3: l’equilibrio, il senso di orientamento, l’ipersensibilità profonda dei movimenti ossei) i sensi la cui assenza ci darebbe più sconvolgimento sono la mancanza del tatto e dell’equilibrio.

Ora, immaginiamo di addormentarci, stando a lungo su un braccio, al risveglio quel braccio “non lo sentiamo più”. Così è la tortura peggiore: mettere la vittima in un ambiente enormemente soffice (oppure lasciarla immerso in acqua in un pozzo strettissimo per giorni, con la sola possibilità di respirare) e poi, magari dopo un bel colpo sulle orecchie per rovinare anche l’equilibrio, lasciarla “libera di muoversi”. La nausea, il disagio, la mancanza di concretezza fanno letteralmente impazzire, già prima, durante la tortura, era una sofferenza immane: pensare e non sentirsi più, ma quando si è finalmente liberi e ci si rende conto che non esiste più contatto con il corpo, si è diventati dei “morti viventi”, degli zombie!

Perciò ottimi studi universitari confermano che fin dalla nascita è fondamentale muoversi sentendo il corpo, tonificando, ruotando, cercando continuamente di orientarsi ed equilibrarsi, più ci si rotola per terra, più ci si arrampica, si salta, si corre e, soprattutto, si lotta, toccando gli altri, sentendoli, percependoli, meglio si cresce, e più si sviluppano le facoltà cognitive].

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