La paura “contamina” le emozioni del gruppo

L’unica abilità che distingue l’uomo dagli animali è la parola. L’uomo Sapiens sapiens aveva un cervello meno voluminoso dell’uomo di Neanderthal ma più ricco di connessioni neuronali. In pratica è come se i Neanderthal si fossero evoluti in quantità (facendo un esempio tratto dall’informatica: svilupparono un disco fisso molto voluminoso, in grado di contenere molti più dati degli altri animali), mentre i Sapiens svilupparono la “qualità” (in informatica è come avere una RAM potente, cioè una memoria volatile, in grado di gestire molti più processi in contemporanea, in pratica…. multitasking).

I Sapiens sapiens si diffusero dall’Africa all’Europa, estinguendo i Neanderthaliani.

Come gli altri animali, i primi uomini avevano la laringe più alta e ciò permetteva loro di pronunciare solo qualche suono gutturale per indicare oggetti e azioni semplici (vedi “homunculus” per notare graficamente la proporzione della sensibilità umana).

Con il passar del tempo si evolsero, abbassando la laringe e migliorando l’efficienza delle corde vocali, così la comunicazione divenne più complessa, ma si perse la capacità di respirare e deglutire in contemporanea. Ancora oggi, i neonati hanno la posizione della laringe alta, perché consente loro di respirare e poppare contemporaneamente, poi, dopo i due mesi, la laringe si abbassa e il bambino inizia la lallazione, cioè primi morfemi ripetuti.

Solo una piccola parte della comunicazione è verbale. Molte informazioni sono fornite dal “paraverbale” (es. tono di voce) e dal non verbale (es. atteggiamento, sguardo ecc.), ma fu soprattutto grazie alla comunicazione verbale che gli esseri umani svilupparono delle strategie di gruppo.

L’appartenenza al gruppo permise di interagire: scambiare idee, dividere i compiti e quindi risolvere un maggior numero di problemi.

Il benessere derivato dai gesti di affetto (abbraccio, carezza, sguardo ecc.) stimolò le emozioni piacevoli (emissione di ossitocina), dando un senso di soddisfazione quando l’individuo percepiva a livello emotivo di essere accettato, stimato e considerato dal gruppo di appartenenza.

Quando si è compresi e accettati, si ha gioia, quindi tranquillità e di conseguenza migliore gestione delle risorse. Viceversa, quando ci si sente soli a dover affrontare un pericolo o un’impresa ardua, o quando si è rifiutati, si percepisce un senso di impotenza (le risorse corporee sono sprecate, perché sono utilizzate in modo confuso, frettoloso, gestito dall’ansia) e si prova paura.

Se non si ha il conforto esterno, si impegnano molte più risorse personali per superare le difficoltà, depauperando l’organismo, la debolezza che ne deriva crea un circolo vizioso che porta all’angoscia e quindi ci si sente paralizzati e impotenti. Le parole non sono più pronunciate con fluidità ma con tremori e tonalità di voce troppo basse o troppo alte.

Il corpo trasuda angoscia, lo sguardo è terrorizzato, la postura è irrigidita, questi atteggiamenti possono “contaminare” gli altri membri del gruppo, che a loro volta, per empatia, vanno in panico e si scoraggiano. Anche il loro verbale può tradire insicurezza, e il loro atteggiamento conferma il pessimismo di chi teme per la propria incolumità, salute o sopravvivenza.

Il rimedio alla paura è la gioia (la gioia è l’emozione del cuore).  Se si ha gioia, non si ha paura. Se si collabora con entusiasmo e si instaura un clima di fiducia reciproca, ci si incoraggia l’un l’altro, si è soddisfatti, si sopportano le traversie e si affrontano con risolutezza i pericoli.

La paura è un’emozione positiva che ci permette di accorgerci dei rischi, la gestione della paura si ottiene con uno stato d’animo tranquillo, perché si è contenti con chi si è e di ciò che si fa.

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