La spietata ferocia materna

Una ventina di anni fa, trasmessa in diretta dalla televisione nazionale, vidi l’intervista ad una donna cecchino, impegnata nella guerra dei Balcani.

Non ho i riferimenti di quell’episodio, sul web non ho trovato traccia dell’intervista, quindi cito in base ai ricordi, sottolineando che l’importante è l’aspetto empatico dell’evento, al di là delle parole che memorizzai e che quindi oggi potrei ripetere con alcune differenze, pur mantenendo corretto il senso del discorso.

L’intervistatrice chiese alla donna cecchino: “Lei è una madre, ha dei bambini piccoli, eppure dice di aver sparato ad altri bambini, uccidendoli mentre giocavano con delle slitte, su una collina di fronte a dove lei era appostata. Con il suo cannocchiale, mentre prendeva la mira e sparava, ha visto i visi e lo sguardo di quei bambini, come ha potuto, ucciderli con tanta spietata freddezza?!”.

La donna cecchino rispose: “Io quando sparo vedo bene chi sono, non ho nessuna pietà per loro, oggi sono dei bambini, ma domani, se non li uccido, saranno degli uomini, nemici dei miei figli. Oggi ho la possibilità di salvare la vita dei miei figli quando saranno grandi e lo faccio”.

La madre che difende i propri figli è l’animale più feroce (vedi articolo: “massima volontà”), in ognuno di noi vi è questo istinto materno, si è evoluto in modo naturale. In ognuno di noi vi è la spietata freddezza di quella donna cecchino; se l’ambiente richiede l’estrinsecazione di questo lato umano, noi siamo in grado di produrlo, in base alla nostra coscienza, comportandoci come l’educazione e l’istruzione ci hanno caratterizzato, ma è innegabile che l’aspetto cinicamente assassino ci appartenga (vedi articolo: occhi da predatore) e a lui si può attingere in caso di necessità.

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