Ungoliant è insidiosamente fra noi

«Andando poi di Albero in Albero, accostò il suo nero becco alle loro ferite, fino a essiccarli affatto; e il veleno di Morte che era dentro di lei penetrò nei loro tessuti e li imbozzacchì, radici, rami e foglie; ed essi morirono» (J.R.R. Tolkien, Il Silmarillion).

Chi è Ungoliant? È uno spirito malvagio ideato da Tolkien nella sua magistrale opera Il Silmarillion. Essa è un ragno femmina gigante, avvolto dall’oscurità delle tele che essa stessa tesseva.

Nella nostra realtà esistono tali persone? Esistono donne con siffatte caratteristiche che “ammaliano, plagiano” le loro vittime, sfruttandone la vitalità al loro servizio?

Quante volte uomini maturi rinunciano a costruirsi una famiglia perché la loro madre, con parole e gesti suadenti, ma anche con minacce oppure lamentando gravi malattie, li convincono e costringono a rimanere a casa con loro?

Quante volte tali donne rovinano il loro stesso matrimonio o quello dei figli, non appena hanno ottenuto il beneficio voluto? Donne che fino al giorno prima del matrimonio si presentano come sirene misteriose e attraenti, ma dal giorno successivo, o meglio ancora dopo aver partorito il primo figlio, si trasformano in demoni che portano all’esasperazione il partner, facendo sì che sia lui ad abbandonarle, pagandone le conseguenze, mentre loro, dal mondo esterno, sono intese come vittime.

Spesso le Ungoliant sono donne, spesso sono mogli e madri di figli unici o che si legano particolarmente al primo figlio, soprattutto se è maschio, ma nulla vieta che lo stesso comportamento si riscontri in uomini gretti, deboli e rosi dalla gelosia.

Nei fiori di Bach vi è Chicory che ben rappresenta la tipologia di una persona parassitaria. La sua frase identificativa è: “ …dopo tutto quello che ho fatto per te…!?”

Questa persona è iper-protettiva, possessiva, gelosa, sospettosa, diffidente, manifesta un grande bisogno di controllo sugli altri (soprattutto se è una madre che controlla un figlio unico) ed ha bisogno di essere ricambiata da uno smodato affetto, c’è sempre un ricatto affettivo che la lega all’altro.

Pertanto, questa tipologia non riesce ad avere nessun pensiero di rispetto nei riguardi della libertà altrui, questo è dettato dal dolore della non sicurezza del ritorno al “nido” da parte dei figli, nel caso sempre della mamma, ed automaticamente questo carattere entra in disagio con se stesso. Si finge debole, si lamenta, ma è forte; tende ad offendersi ed a piangersi addosso, a volte inventa malattie inesistenti come un “malato immaginario”, ma lo fa al fine di dirigere l’attenzione su di sé (infatti, se è messa di fronte alle soluzioni mediche, sfugge).

In finale, è una persona che desidera essere d’aiuto, ma che permette alle influenze esterne di interromperne l’efflusso, diventando psicofisicamente disagiate, credendo sinceramente di essere lei di aiuto e sostegno mentre invece plagia e vuole che siano gli altri a lavorare al posto suo, perché lei l’ha fatto nei loro confronti e glielo devono, senza tenere conto che il suo aiuto non è stato richiesto ed è stato devoluto con modalità non appropriate.

Quando la relazione diventa veramente viziosa e non è contenuta da chi è stato prescelto come vittima, si possono estrinsecare questi comportamenti:

denigrazione e derisione per l’abilità altrui, in modo da creare isolamento nei rapporti sociali; paventando accuse di tradimento che sono mosse da gelosia, sfruttamento della disponibilità altrui, sul controllo su proprietà e risorse finanziarie (questo controllo a volte è insidioso e subdolo, non ha il controllo “diretto” ma fa in modo di vincolare le sue risorse a quelle della vittima, invischiandola irreversibilmente).

La sua falsa gentilezza e il vittimismo sono infatti volti a plagiare e quindi ottenere dei vantaggi, se però si tenta di farla ragionare o se se la si rifiuta, allora si trasforma e con violento sconvolgimento può passare improvvisamente all’aggressione fisica e verbale, incurante della forza altrui, perché è mossa da fanatismo, egocentrismo sfrenato e sa che la vittima può essere mossa a compassione nei suoi riguardi.

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