Arti marziali e traumi

Maglietta utilizzata in “difesa personale” con tracce di colore dove il coltello (se non fosse stato da training) avrebbe ferito sul serio

Un combattimento simulato è pur sempre un combattimento, praticando arti marziali occorre mettere in conto di dover soffrire per numerosi traumi. Si cerca di limitare i danni al minimo, lo scopo dell’allenamento è quello di migliorare e ottimizzare le prestazioni personali, ma i contrasti e anche l’uso di armi (pur essendo spesso dei simulacri) implica il rischio di subire lesioni.

Un militare che va a combattere deve essere sano, da parte nostra si “aberriscono” quei masochisti che desiderano “farsi male, se no non c’è gusto”, ma è impensabile di praticare arti marziali e di combattere con la giusta frequenza, senza incorrere mai in traumi che possono purtroppo in alcuni casi costringere a momenti di stop forzato.

Per questo motivo vi è la stretta attinenza tra arte marziale e cura della persona, imparando a combattere si impara a ledere gli avversari, ma anche a curare se stessi e chi ne ha bisogno. Il mitico Chirone, il Centauro che allenava gli Eroi e i Semi-dei, era anche un ottimo terapeuta. Sekmet, la Dea antico egizia che riporta l’ordine e la disciplina, è anche una Dea della guarigione, soprattutto dai traumi violenti.

Combattere e curare sono strettamente interconnessi, il benessere passa dalla conoscenza e dal sapere gestire con competenza il male.

Allenarsi quindi con coscienza e competenza. Di seguito alcune immagini tratte dal “mio repertorio recente”, in quarant’anni, tra fratture, distorsioni, contusioni, versamenti, ematomi, strappi, ernie ecc. ecc. di questi eventi ne ho sopportati molte decine.

 

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