Inserisco qui di seguito il mio ricordo del Prof. Luciano De Simone, così come scrissi nell’anno duemila, poco dopo la sua scomparsa.
Forse il suo nome, Luciano De Simone, in “arte stenografica” Ludesi, è oggi più conosciuto in Kuwait che non in Italia, infatti, ancora di recente, furono proprio degli importanti personaggi di quel lontano Paese desertico e petrolifero a rivolgersi a lui per ottenere le migliori pergamene manoscritte in perfetta calligrafia, utili per attestare onorificenze.
Eppure in Italia, nella Scuola italiana, nella cultura e nella formazione professionale italiana, Ludesi ha tracciato dei solchi calligrafici inestinguibili. Lo conoscevo di fama già da lungo tempo, utilizzavo quotidianamente alcuni suoi testi per l’insegnamento della stenografia, ma non lo avevo mai conosciuto di persona.
Poi, in quella lontanissima primavera del 1990 (si parla dello scorso secolo, dello scorso millennio!) insieme a tanti altri “insegnanti precari” di stenografia, in attesa nell’atrio di una scuola di Torino, pochi minuti prima di iniziare il concorso riservato per ottenere l’abilitazione all’insegnamento, eccolo comparire.
L’ho riconosciuto immediatamente, era uguale alle descrizioni: “Assomiglia a Edoardo De Filippo, ma ha un buco qui” e la prof.ssa Fusco, preparatrice per decenni di centinaia di insegnanti e campioni di stenografia e di dattilografia, si mise un dito su una guancia con mossa lenta e ben calibrata per descriverci accuratamente chi ci avrebbe esaminato il giorno dopo.
Anche quell’alterazione fisica, frutto di un banale incidente giovanile, rendeva Ludesi ancor più unico, come uniche erano le sue battute ironiche; ad esempio, proprio un istante dopo aver messo piede nell’atrio, ci squadrò tutti quanti con i cuoi occhi vivaci, chiari e giovanili, prese un respiro per vincere la timidezza che lo accompagnava costantemente, si avvicinò ad uno qualsiasi di noi, mentre gli altri fecero capannello intorno, e disse con assoluta serietà: “Non abbiate timore dell’esame, iero ho parlato con uno che non si era assolutamente preparato ma ha superato un esame benissimo…”. Poi, dopo un istante di pausa, aggiunse con un sorrisi o microscopico: “…aveva fatto l’esame del sangue!”. Detto questo, uscì di scena, lasciando interdetta la platea di esaminandi, e salì le scale che l’avrebbero condotto alla sala dove avrebbe presieduto ancora una volta, come tante altre, ad una sessione di esami abilitanti di Stenografia.
Conosceva alla perfezione quest’arte che si può considerare la “formula 1” della scrittura: la sua cultura in materia gli consentiva di scrivere consecutivamente la stessa frase in modi abbreviativi completamente diversi uno di seguito all’altro.
Ludesi è rimasto giovane per sett’anni, dinamico, utile, forbito; severo e intransigente, perché dava tanto e pretendeva in proporzione, ma sempre con onesta umanità. A volte un po’ troppo testardo, a volte un po’ esagerato nelle battute, prodotte a getto continuo, come se fossero uno sfogo alla tensione emotiva causatagli dall’intenso e continuo lavorio mentale.
Nata prima dei computer la scuola è stata per anni l’avanguardia della formazione professionale d’ufficio, ma, prima in sordina, poi travolgente, la vita e la cultura è cambiata. E lui, uomo tutto d’un pezzo d’altri tempi non è riuscito a tenere il passo delle innovazioni. Nella sua Pesaro, anno dopo anno, è rimasto sempre più solo e isolato.
Il suo enorme bagaglio culturale e il suo fornitissimo archivio con reperti storici di stenografi di eccelsa levatura, non è più interessante per gli adolescenti, appassionati di video poker, di guadagni facili, annoiati e ineducati. In questo “paese dei balocchi”, in questo “duemila”, per lui non c’era più posto.
Così, quando tenne una lezione di stenografia al TEKNOTRE di Torino, inviato da me e da Riccardo Bruni, un solo anno dopo essere andato in pensione, ci trovammo di fronte ad un vecchio.
Dopo sett’anni di gioventù, il suo stile di vita non era più adatto ai tempi e lui era improvvisamente invecchiato.
Poi, di colpo, comprese che lui era ancora utile, che i suoi concetti potevano ancora giovare.
Così per un’ora e mezza ritrovammo, per un’ora e mezza, il Ludesi di sempre.
Però, chi è nato qualche decennio dopo di lui deve fare i conti di appartenere anche al duemila, così, quasi distrattamente, i nostri incontri si fecero sporadici, le corrispondenze e le telefonate si limitarono alle ricorrenze importanti del calendario, le “solenni mangiate” in trattoria, svanirono.
Ludesi è morto, non è giunto al duemila, mancava meno di un mese, ma il nuovo millennio non gli apparteneva; è morto solo, mentre, da solo, come sempre, viaggiava da Pesaro a Torino, perché così aveva sempre fatto.
Con lui si è estinta definitivamente la stenografia scolastica e noi, risvegliatici improvvisamente dalla nostra distrazione, ci siamo accorti che una parte di noi è finita con lui. Ludesi simbolicamente era un nonno, figura importante fino a poco fa, inutile per le nuove generazioni allevate dalla televisione e dai videogiochi. Noi siamo i genitori che sono cresciuti e si sono formati con il gusto della genuinità procurato loro con sacrificio dalle generazioni precedenti e ora mangiamo cibi di plastica, prodotti dai loro figli nati in provette elettroniche.
C’è voluto qualche mese per trovare queste parole, che ora, sono scaturite di getto in pochi minuti, perciò, se io, ogni parola che scrivo, sento la gola e il cuore stringersi in una morsa, per Riccardo Bruni, che in pratica aveva in Ludesi un fratello maggiore, non è ancora oggi possibile poter comunicare agli altri il vuoto lasciato dalla perdita di un lninoso sincero e affidabile amico
Ciao Luciano; Sergio e Riccardo ti pensano ogni giorno, ripetono le tue tremende battute e ricordano le tue pignole lezioni che ora, ne siamo certi, non corrono più il rischio di estinguersi perché fanno parte di un Luminoso Disegno Superiore.
Pubblicato su: “il nostro Teknotre” anno XI n.3 maggio 2000 e su: La “Rivista degli Stenogafi” n. 49 aprile-giugno 2000 Homo lux: studio e ricerca aldilà dei margini – prof. Sergio Sapetti
Leave a Comment