“Sono orgoglioso di ciò che non facciamo, tanto quanto di ciò che facciamo” Steve Jobs

In una visione olistica della vita vi è un’integrazione intima e continua tra stato d’animo, eventi esterni, decisioni interiori.

Se in un ambiente percepisco dei comportamenti ostili, se il rapporto con gli altri (dirigenti, dipendenti o pari grado che siano) è conflittuale, in una visione olistica, mi fermo, respiro, mi centro e chiedo a me stesso: “questo stato d’animo che percepisco come un pugno nello stomaco, a cosa si riferisce?”.

Così facendo, inizio il processo digestivo del malloppo di impressioni (rabbia, paura, rancore, senso di inadeguatezza) da cui mi sento ansiosamente oppresso.

Il problema dell’indigesto “pugno nello stomaco” è disgregato nelle sue varie componenti, quindi, mentalmente, inizio a “digerire e assimilare” quello che ho percepito dall’esterno ma che in realtà evoca in me dei problemi irrisolti nell’interiore (senso di impotenza, paura di non essere autonomo nelle scelte ecc.).

Rendersi conto che i “tiranni” esterni non sono altro che proiezioni di mie stesse dinamiche che non ho ancora consapevolizzato, mi permette di depotenziare la nocività degli altri, facilitandomi l’assimilazione e quindi il successivo smaltimento del mio vero problema. Perciò quando si ha l’opportunità di rompere i vecchi schemi, quando si sente la necessità di cambiare l’atteggiamento con cui ci si confronta con gli altri, quando le scelte ci permettono di “rischiare” nuovi cammini, abbandonando le vecchie modalità operative, se si è consapevoli e centrati, allora si sia contenti di ciò che “non facciamo”, perché rimanere troppo radicati a schemi e tradizioni può essere illusoriamente rassicurante ma spegne la naturale creatività verso il nuovo che è innata nel nostro spirito umano.

Ecco il “segreto dell’eterna giovinezza”: comportarsi come bambini curiosi e fiduciosi di poter realizzare i sogni, ma con l’accortezza e la responsabilità dell’essere adulti.

Sergio Sapetti

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